Ma (canzone della Camel senza filtro)

 

 

 

“Ma quanto?
Ma fino a dove e fino a quanto?”
L’uomo che ascolta accende un’altra sigaretta.
“Ma mi ami, mi amerai, mi ameresti?”
E mentre ascolta, l’uomo posa la sigaretta nel portacenere piatto.
Poi sposta parte della montagna informe di carte che ha davanti, sul tavolo, a ricordargli che giorno è quello che sta vivendo. Un’ordine precario, fatto di un solo istante si ricompone.
E subito tornando con lo sguardo, quella domanda a cui non ha risposte occupa anch’essa spazio, guarda le sue carte e trova che l’ordine non era per nulla perfetto. Forse nemmeno ordine in realtà.
Solo l’ennesimo disordine differente.
“Ma quanto tempo avrai mai per vivermi, come dovrò dividerti, quanto potrò sommarti?”
Ecco. I giornali meglio stiano su una sola pila, accatastati per data.
Perché lei gli domanda del tempo? Che nemmeno forse è ancora tempo ?
“Ma lei, le altre, prima, ora? Domani?”
L’uomo ha ripreso la sigaretta e solo quella gli parla del tempo.
Ne è bruciata mezza senza che nemmeno lui la aspirasse.
E pensa, perché il pensiero è strano, più della vita stessa o delle persone che hai intorno, che non ha mai cronometrato una sigaretta.
E’ corta, senza il filtro sembra fatta per avere armonia perfetta tra le dita. Odora di buon tabacco forte.
Si sceglie oltre che per il gusto per estetica anche una sigaretta? Che poi lo scopo suo è bruciare senza fretta.
“Ma…”
Dietro ogni ma un pensiero che lui lo sa, le da già tutte le risposte. Tutte quelle di cui in realtà lei ha bisogno.
Il ma che è alternativa al volo. Lo rende corto, basso, familiare, senza rischi per il pilota nelle tempeste.
L’idea del volo gli viene così, perché tra le carte sul tavolo grigio ha biglietti di aereo stampati, dalla prenotazione online, proprio davanti. Volo di aereo, volo di uccello, volo di niente, il ma non è un checkin, assolutamente.
Il ma che è un modo per non sapere in fondo. Dandosi già tutte le risposte che sono quelle che si conoscono meglio, che non destabilizzano, che fanno cerchio sempre tondo di una spirale impertinente.
“Ma quanto spazio, quanto ?”
L’uomo sa che per saperlo occorrerebbe dimenticare le due lettere di una parola fatta di una sillaba sola. Poi parlare di spazio davanti a un tavolo che gioca a nascondino sotto onde di carte gli parrebbe quasi offensivo per il tavolo stesso. Chissà se i tavoli hanno ansie?
“Ma quanto spazio, quanto ?”
Né se, né ma. Niente risposte implicite date a se stessi prima di vivere le domande con le dita e con i piedi. Con i polmoni e il ventre. Occorrerebbe forse dirle questo, ma l’uomo sa che come l’ordine che mai riesce a mettere nelle sue cose, quella risposta in realtà manco servirebbe.
Niente domande che sono solo dirsi già tutto da se stessi. Senza nemmeno che sia necessaria una risposta.
Se.
Ma.
L’uomo in realtà ha scommesso da sempre sul forse e anche per questo al telefono non le risponde.
Forse il bel tempo resterà e si stabilizzerà. L’uomo lo pensa mentre, spenta la sigaretta guarda dalla finestra, oltre le tre scrivanie che ha di fronte.
Forse andranno bene davvero molte cose, oggi, perché la luce che non offende gli occhi porta ad essere quasi ottimisti. E poi i biglietti aerei, quelli di mille treni, persino gli scontrini dei pedaggi autostradali non hanno eco di se, di ma, ma solo di infiniti, fantastici, aperti come finestre al vento, forse.
Perché è una bellissima giornata.
Vale la pena respirarla. Viverla. Goderla fin dove è possibile umanamente.
Farne gioiello in una collana fatta di infinite perle.
Sì.
L’uomo mette in tasca l’accendino e il pacchetto, vuoto a metà delle sue sigarette.
Chiude il computer.
“Ma dimmi quanto, quando, come, e cosa sarà differente”
Pensa che lei si è già data da sola tutte le risposte. E che le sue nemmeno le sentirebbe.
E soprattutto probabilmente mai le vivrebbe.
A volte si fanno domande per rispondersi da soli e per non dover affrontare veramente niente.
Se.
Ma.
No, forse.
Forse per strada l’uomo incontrerà un amico. O un’amica che lavora lì vicino e non vede da tanto. Tanto veramente.
Forse berranno qualcosa insieme.
Forse si baceranno.
Sicuramente.