Le mollette
di Angeljca
Le mollette.
Questa mattina ho accettato l’idea traboccante di impeto.
L’ho sentito un regalo per me, un farmi viva la Tua presenza.
Ho sorriso e ho ringraziato, stringendo le mollette da far crescere il piacere
passo passo.
Come me.
Come noi.
Poi ho indossato le autoreggenti e il perizoma e, pronta ad uscire, sono
arrivata dove vengo ogni giorno. A lavoro.
L’auto era in fondo alla strada e il sesso pulsava.
I capezzoli duri.
Come chiodi di carne erano degni di dirsi un feticcio. Le gambe flettevano,
lucide e molli, asperse di rivoli caldi.
Il mio corpo si è lasciato colare senza ritegno.
"Ed è così poco tempo", mi dico. "Così poco!"
Ma ero, e sono, infervorata come se non avessi alcun dubbio. La bambina che è in
me, la bambina che si arena e ogni volta si arresta, la bambina già stravede per
Te.
"Perché?"
Avevo questo sapere mentre la guepière tirava su il pizzo, balza a balza, a
disegnare un’onda di pelle. Mentre sostenuta dai fianchi sentivo la stoffa che
mi legava più stretta, su per le gambe, fino al punto in cui c'è la vita che
circola. Là. Laddove la voglia sempre contrae e dilata.
"Perché?"
Anche adesso, mentre cammino, mentre curvo nei corridoi d’ufficio, mentre salgo
le scale e mi siedo a parlare se devo, "perché? mi sento strizzare ad ogni
angolo cieco".
Vorrei che ci fossi. Qui. Perché abborderei il primo che passa solo per dirmi
che è il Tuo questo sapore che sento, per darmi la scelta, di non arretrare
ancora una volta. Per andare. Andare avanti. E avanti…
Non fosse che pesa, questo tornare e tornare ogni volta con una consistenza
sempre diversa.
Per una faccia che mi lascia basita, talmente non la conosco.
Per uno sguardo in cui sì finisco, temendo però di perdermi ancora.
E' che questo dolore stupisce e consuma, mi cambia, mi fa cera che scalda e
disargina. Subito. Una candela accesa che avvampa e rovescia.
Mi fa sentire una cagna.
La Tua.
Ma lo sai che sono stupìta, lo sai che è lo stesso desiderio che in fondo mi
inchioda.
Penso a tutto ciò e mi eccito. Mi spavento. Entro nel bagno e cammino come un
automa, e “sì, grazie”, rispondo al primo che mi apre la porta. Sarei pronta a
obbedirgli, per come mi sento.
Esausta.
Febbrile.
Inquieta.
Così Tua.
Come se fosse un mandante, uno chiunque, che apposta mi aspetta.
Così rispondo a uno qualunque, come già so, risponderei a Te, con un sorriso che
indichi quanto vicino può soffiarmi sul collo, seppure non lo conosco. Anche se
poi, so che non è il caso. Ché sono al lavoro.
Così solamente lo guardo intontita, senza pensare, e non vedo nient'altro.
Nient'altro che Te e le mollette che stringono e levano il fiato.
Si fanno sussurro. Giù dentro, in basso, fino a farsi di gomma, un fallo che
entra: “TI VOGLIO”.
Perché lo sento, lo sento il pianto che sale e poi scende… lo sento per quanto è
frustrante il desiderio che mi riempie e mi svuota. Proprio in mezzo alle gambe.
Tra le pieghe del sesso.
Lo sento non appena mi siedo, mentre capisco che adesso non ce la faccio, non mi
reggo davvero.
Mentre i capezzoli sono clitoridi gonfi, nient’altro che ciucci. Al punto che mi
domando cosa aspetti la gente a fermarmi in ufficio e a chiudermi dentro, per
incresparmi la gonna e farmi vento che soffia.
Ché gli sguardi li vedo, senza proferire parola, già mi stanno scopando, mentre
gli passo davanti. Fosse anche solo un momento.
“Angelo…”, un collega si azzarda. E sorrido… che sentirà la mia voglia? L’odore
che impregna quest’aria di sale e di donna?
Vorrei che fossi con me, che mi prendessi per mano.
In tutto il mio corpo mi sento sfinire.
Io tremo.
Ritorno al lavoro e trattengo i singhiozzi, la mia fica è una smania che
appiccica.
Sto mormorando e discuto di leggi e di conti.
Al collega quasi mi esce una supplica: "mi prenda un caffé perché mi sento
venire…". “Cosa?”, mi dice.
“Mi sento svenire”, ripeto e correggo, mentre sorrido…
Finché poi mi serve e dopo, dopo che mi svuota la stanza, finalmente io stringo.
Le mollette del tutto. Arriccio le labbra e libero il cuore, per Te… mi faccio
condensa in mezzo alle gambe, tiro da parte e poi strappo.
Veloce.
Ah!!!!!!! Tu…. Ti chiamo…
Dentro un gemito angusto che mi bagna lo sguardo e mi fa liquida sotto. Non
fosse che il tempo è tiranno. Non basta. Non basta!
Non basta mai!
Io che vorrei già fosse più lungo. Il più lungo possibile. Adesso.
Un ordine pieno.
Di Te dentro di me.