Words

di  Freyja

 



Parole. Seduzione fonetica e semantica.
Parole destabilizzanti. Euforizzanti. Degradanti. Ammalianti.
Quante dense di significato?
Se togliamo gli articoli, le preposizioni, quante parole semanticamente ricche restano? Tante, troppe per non resistere.
Cosa sono poi, le parole….. Nient’altro che segni linguistici, entità psichiche a due facce: significante e significato.
Parole trasparenti, parole opache.
Parole a formare sintagmi, più spesso parole isolate, autoreferenziali, piene, autorevoli.

Parole che mi hanno cullato, straziato, fatto sorridere e sprofondare giù, mi hanno innalzato al cielo, eccitato, incuriosito…
Parole che mi girano nella testa e nello stomaco.
Lessemi impregnati di sesso, di desiderio, di attesa, di emozioni liquide.
Lacrime vere a bagnare i tasti e lacrime annunciate, di dolore, di saliva.
Promesse di sensazioni mai provate, di cuore che sfonda la cassa toracica, di contrazioni del ventre.
Tensione, dubbi, desiderio umido, piacere puro, liquido, trascendente.
Anime, colori, suoni, prospettive irrituali, pose strazianti.
Parole come denti, affilate e taglienti, liquide come saliva, dense come sperma.
Maiuscole imperiose, note suadenti, neretti, pause e poi ancora maiuscole.
Parole rosse, parole nere, diversi font e diverse font size.
Come uno spartito di musica che strazia, squarcia, penetra e ricompone, amalgama, unisce.
Parole a stringere, torcere, mordere.
Parole crude, come fica, cazzo, sperma, sangue.
Ma anche cuore, dolcezza, carezze, immensità, luce e amore.
Parole che hanno odore di sperma, sapore di fica bagnata, gonfie di voglia. Parole che colano umori densi, che firmano la mia pelle di brividi, di dolore e di piacere.
Parole come suoni, come il battere accelerato del mio cuore, la mia voce roca che ti chiama nella solitudine del mio letto, così diversa da quella voce da bimba che si vuol nascondere quando ti sento.
Parole che insegnano, guidano, confortano, proteggono, avvolgono.
Che mi leggono dentro e sanno portarmi dove desidero ma ancora non so.
Parole rosse, purpuree, rubine, scarlatte.
Parole che generano emozioni, brividi e tremiti incontrollabili, che bagnano la fica e l’anima.
Che fanno scoppiare in lacrime, che è molto più che piangere.
Parole respinte che risorgono e si impongono, inesorabili, penetranti. Monologhi degni del miglior Shakespeare.

Parole divise, scomposte in singoli fonemi, suoni.
Le ‘esse’ sibilanti, lampi fugaci nell’oscurità.
Le occlusive dentali forti, a mordere la nuca.
Le occlusive bilabiali a far esplodere la passione a lungo sopita.
Le occlusive velari sonore: rantoli, non più parole.
Le occlusive laringali, i colpi di glottide, a contare i colpi di frusta.
Le vibranti, le ‘erre’, che facendo vibrare l’apice della lingua provocano brevi occlusioni ed aperture dei miei più segreti orifizi.
Le ‘zeta’, apicodentali che tu scrivi sonore e io leggo sorde perché sono nata nella terra di Dante.
La dorso palatale di ‘cagna’.
La dorso palatale di ‘voglia’ che non so pronunciare per un difetto di nascita.
La voglia che mi brucia dentro e che segna il mio corpo, come un arcipelago di piccole isole brune nella tempesta.