Due piccoli granchi neri

 

 

 

 

 

La spiaggia è incastonata tra due scogliere. Sono lame di roccia rotta, spaccata dall’acqua e dal vento, inclinate sul lato, entrano in acqua come le lame del coltello per il pane… Triangolo che si nasconde e continua affilato dove la trasparenza poi si fa negare.
Sono tre conche di roccia lisciata, piccole pozze tonde, qua e là, senza motivo alcuno,
solo la logica di migliaia di anni e il loro caso, scavate come pentole qua e là, colme d’acqua che ha odore forte, sabbia e alghe portate lì dalla marea e lì lasciate a saturare l’aria con l’odore loro di iodio e di mare forte.
Tre conche, piccole cale nascoste dalle lame scure e rotte, a seguirsi l’un l’altra, a raggio sul lato alto del piccolo golfo.
Il golfo penetra nella terra, circondato da erba alta e stradine pitturate, grigie di ghiaia e terra, con perizia di calligrafo, a seguire ogni imperfezione, variazione di pendenza, capriccio del suolo, della roccia e del terreno.
Sull’altro lato della costa, un promontorio sollevato.
Scende al mare scosceso, immagino franose le sue ripe… Solo terra compressa dalla storia della Terra, solo roccia fatta per essere sfaldata dal vento e dalla pioggia.
Sopra la ripa, su a salire, fino alla casa bassa di mattoni e il tetto quasi piatto in coppi rossi… Erba, un recinto, anzi i recinti sono due, più di due, un gioco di pali e barriere basse, in legno e filo sottile di cui dalla piccola cala nemmeno vedi più le spine.
Muri in pietra che sembrano costruiti da un bambino, bassi anche essi, appena a filo o poco più dell’erba se visti dal lato delle spiagge…
Tre cavalli che pascolano là sopra.
Fermi… Solo il collo e la testa a cambiare posizione, unico segno della vita e del fatto che non siano sculture..
Uno, più giovane, il puledro, corre…
Corre senza motivo alcuno…
Sale con scatto a balzi, inarcando la schiena la radura, oltrepassa varchi tra un recinto e l’altro. Poi si ferma.
Guarda girando il collo, a testa alta.
E di scatto si inalbera. Riparte.
A capofitto sino al ciglio scosceso e alla piccola palizzata e al filo spinato.
Non corre in linea retta.
Scansa e scanta ostacoli che immagina lui solo.
Gioca.
E riparte a capofitto, scrollando il capo a scatti a lato.
Fermo di nuovo, e poi cambio di direzione, nuova corsa.
Gioca, solo gioca, felice del sole dell'erba e delle sue corse senza motivo.
Poi l’uomo sulla spiaggia si gira a lato.
Lei è lì di fianco, stesa al sole.
Macchia di donna sull’asciugamano blu oltremare.
Le carezza il viso, la mano corre al pezzo alto del costume, si insinua e si infila sotto fino a farlo scivolare alto sui seni.
Il capezzolo si perde tra le dita e si fa chiodo.
La donna sfila il costume, il pezzo basso inarcando le reni.
L’uomo le è sopra adesso, a farle ombra.
Punta i piedi nella roccia e si infila nella piccola baia fresca e bagnata.
La donna inarca le reni al suo ingresso, a favorirne la salita, e a dirgli, sali, il porto è questo, sali, io sono il tuo rifugio, scavata da millenni come questa baia a darti pace.
Sali e dimentica la tempesta e il viaggio lungo, sali e festeggia, corri, riacquista il passo saldo a terraferma, ritrova la tua strada, sali, sali...
L’uomo ha lo sguardo oltre il viso della donna….
Oltre la testa, lì, vicino ad una pozza rotonda, vicini tra di loro, due piccoli granchi neri.
Camminano vicini, a lato, incuranti degli amanti.
Vanno a inabissarsi nella pozza, traballando sulle zampe sottili, ticchettando nel silenzio sulla roccia.
L’uomo chiude gli occhi, alto, piantato nel ventre della donna, avvolto del suo sesso a sciogliercisi dentro, si ferma, immobile, puntando i piedi nella roccia e raggiunge la donna nei pensieri…
Nella piccola pozza tonda i due granchi neri, si infilano in una fenditura stretta e si celano allo sguardo del cielo.


Dedicato.

 

 

Racconti erotici