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Che lei si alzava
presto e correva al lavoro, come se avesse perso la prima alba
sulla Terra, affannata . Ma la baciò anche prima, alle cinque,
che allora lei mica dormiva. E la baciò alle undici, ora del
caffè che spezza il mattino. E alle dodici, poi alle dodici e
trenta, ora di mensa. E dell’odore di minestra e pomodoro. La
baciò alle tre, l’ora che alla domenica fanno spesso l’amore sul
divano. Puntando i piedi e hanno rotto e riparato già un
bracciolo! La baciò alle diciannove, che tutti corrono a casa
dal lavoro. Dai figli, dalle mogli, dagli amanti. E lei da lui,
il suo, il suo, il suo. Poi girò a controllare i tanti orologi
della casa. Sfalsati apposta. Nessuno segnava la stessa ora.
Così, tenendoli sfalsati, si erano baciati sulla soglia anche
stamani come se avessero per loro il giorno intero. Il tempo di
un bacio. A imbrogliare nostalgia. E tempo vero. |
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