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“Sei una scimmia;
annuisci solo per conquistarmi. Taci; non capiresti nulla. Se
non c'è Dio, io sono Dio” Lui lo diceva sempre. Aveva imparato
frasi intere che citava, spesso a sproposito, contando
sull’ignoranza altrui, ma questa di Fëdor la amava e usava più
di ogni altra. Ci insultava i dipendenti, la moglie, i figli.
Gli amici al bar del tennis. Gliel’avevano insegnata da bambino
l’arroganza e lui, insicuro, se ne era fatto schermo. “Sei una
scimmia…” scaricò sibilando le esse –un leggero difetto di
pronuncia – sull’uomo dagli occhi grandi che stava falciandogli
l’erba. La sua testa ruzzolò sul prato. “Capire che non c’è Dio
e non capire nello stesso momento d’esser diventato tu stesso un
dio è un’assurdità, perché se no ti uccideresti assolutamente da
te” rispose a tono pulendo la lama il pronipote di Kirilov. Di
mestiere giardiniere. “Ma mi tocca farlo io...”
(omaggio a I DEMONI, di F.Dostojevskij) |
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