|
Legò con calma
esasperante i polsi. Poi le allargò i piedi, le caviglie. Senza
fretta alcuna, che lei sentisse cosa succedeva. Passò la mano
lenta a scenderle sulla schiena, accarezzò in punta di dita la
lavagna nuda. Sentì la pelle tremare. La bendò, le mise qualcosa
in bocca che soffocasse le grida ma che permettesse ai lamenti e
ai numeri scanditi da uno a cinque di farsi percepire. L’aveva
sfidato. Offeso, alla cena senza il collare, davanti ai loro
amici. Poi cominciò. Doveva, perché la amava. La punizione era
la scelta del sottile ramo colto nel giardino. Rosa canina,
erano denti le sue spine. Al terzo colpo la schiena si imperlò
di gocce piccole rosso fuoco. Al quinto, le lacrime le solcarono
il viso ma nessun urlo uscì dalla sua gola. Attese un po' prima
di toglierla la benda. Non voleva vedesse le lacrime che
solcavano il suo. |
|