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Sul palcoscenico una
porta. Un telaio, in legno, di quelle che a teatro si usano a
comporre una scena. Due lati uguali. Il telaio intorno e una
base a reggerla. Torreggia in mezzo alla scena nuda. Illuminata
nel buio dal cerchio giallo, vedi solo lei, la donna. E la porta
chiusa. Non lui all’altro lato. Silenzio in sala. La donna
sbatte la porta con fragore, in sala saltano sulle sedie a quel
tuono inatteso. La riapre piano. Si vede lui all’altro lato.
Afferrare la maniglia e sbatterla, adesso lui. Un tuono ancora.
Trema il telaio. Esitante si riapre. Nel buio non vedi la mano,
se sia stato lui. O lei. Uno dei due la sbatte ancora. Il
pubblico attende i colpi sul telaio. Chi aprirà, chi sbatterà di
nuovo. L’uomo e la donna si spostano alla sinistra del telaio. E
se ne vanno via. La porta resta. Aperta o chiusa poco importa,
loro attraversano la loro notte. Verso casa, conoscono la via.
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